sabato 14 maggio 2016

Capitan Pizza: Civil War





Riprendo a scrivere questo blog in occasione della preannunciata guerra che sta avendo luogo a Parma e nel Movimento che la governa. E se non è chiaro chi ci sia sotto la maschera del “normalizzatore” Iron Man, se Grillo o Di Maio, chi sia quello che indossa i panni di Capitan America per ribellarsi alle direttive dall’alto è invece ben evidente.


La riflessione mi sorgeva spontanea leggendo una frase azzeccatissima di Marco Travaglio sul “fatto” di oggi: “Federico Pizzarotti è una bandiera che andrebbe sventolata, non ammainata”. Da questo punto di vista, il paragone tra il Sindaco di Parma e l’eroe vestito dei colori della bandiera USA ci sta tutto, anche perché già Grillo mesi, ormai anni orsono lo aveva chiamato con questo nomignolo ispirato a quel supereroe. Credendo di offenderlo, di sminuirlo. E invece il nome evoca significati positivi: tutti amano gli eroi in costume, e tutti amano la pizza.

Ma come, anzi soprattutto perché si è arrivati a questa “Civil War” che bene di certo non fa al Movimento Cinque Stelle, e all’Italia che lo vedrà presto protagonista di importanti ballottaggi elettorali?

Una logica normale vorrebbe vedere le persone che guidano l’esecutivo nazionale prese tra chi ha esperienza di gestione della cosa pubblica a livello locale o regionale. Ho già scritto una dozzina di volte su questo blog che se la logica dei “portavoce dei cittadini” ha forse un senso per le assemblee legislative, non è assolutamente applicabile all’esecutivo. In caso di catastrofe, attacco terroristico o minaccia di guerra il Presidente o il Premier non hanno il tempo di “consultare la base”: devono decidere in fretta e in autonomia, e sottomettersi in seguito al giudizio del popolo e della Storia.
Era dunque essenziale per il M5S crearsi una classe dirigente di persone “oneste ma competenti” che potessero un giorno divenire ministri, presidenti di enti pubblici, giudici costituzionali. I sindaci di grandi città, eletti dal popolo e dunque suscettibili di “infiltrazioni” di illustri sconosciuti con la faccia e la coscienza pulita, sono i migliori candidati tra cui selezionare i futuri amministratori di un Paese. Sono stati messi alla prova, e possono dimostrare di essere non solo onesti, ma anche “all’altezza”.

Eppure il M5S sta facendo qualcosa di diverso. Perché?

Alle sue origini, nel 2011, il M5S si propone come movimento regionale. Tramite i Meetup, crea una rete di realtà che fanno eleggere consiglieri comunali e regionali in tutta Italia, facendo intuire di avere la forza per arrivare ovunque. Ma il primo volto “storico” del M5S è quello dell’associazionismo locale “certificato”, del “tutti possono farcela” e della genuina “spinta dal basso” nei confronti delle istituzioni. Un’utopia realizzata, in piena regola. E Federico Pizzarotti ne è l’incarnazione migliore: è uno “pulito”, che ci ha provato e ce l’ha fatta grazie al sostegno della sua cittadinanza.

Il cambiamento arriva in un momento ben preciso: l’inizio del 2013, quando arrivano le elezioni nazionali e i sondaggi cominciano a fare intravedere una possibile vittoria dei cinque stelle, un sorpasso o quasi (ma la cabina di regia dei 5S quel sorpasso in realtà non lo vuole: è pronta ad entrare in Parlamento, ma non è pronta a esprimere un governo). Da quel momento in poi, la strategia del M5S vede le elezioni locali e amministrative non più come un momento di trionfo, ma quasi come un peso. L’appuntamento a cui Grillo e Casaleggio si dedicano con più impegno non è quello delle regionali (in Sardegna potrebbero vincere, ma non si presentano neppure), ma quello delle elezioni europee, in cui si illudono di poter sorpassare il PD e chiedere il governo del Paese. Solo dopo essere stati “suonati” da Renzi a quelle elezioni ripiegano sulle poche vittorie che possono raggranellare alle seguenti amministrative (Livorno, Ragusa).

Ma i volti che vengono presentati come “immagine di quello che il M5S è e vuole essere” non sono quelli dei sindaci “con il sostegno della popolazione”, dei Pizzarotti e dei Nogarin. Sono i volti di Di Battista, Fico e Di Maio, volti di persone che hanno preso voti non per loro, ma per il Movimento. Persone che in - quanto persone - sono scollegate dalla base se non per tramite dei voti dati “al Movimento”.

Ora, logica vorrebbe che un Movimento come i Cinque Stelle crescesse nell’associazionismo, si creasse una classe dirigente con le amministrazioni locali, e poi si conquistasse il governo del paese dopo un passaggio semplicissimo ma doveroso: la rielezione dei Sindaci pentastellati perché hanno lavorato bene. Eppure pare che questo passaggio semplice, ma doveroso nei confronti dei cittadini, chiamati a ridare o togliere la fiducia data “in bianco” al candidato della società civile alla tornata elettorale precedente, non avverrà. Per due motivi.

Il primo è che pare che nessun sindaco pentastellato terminerà bene il suo mandato. O, se lo terminerà bene, chiarendo con la magistratura eventuali addebiti fattigli, nel frattempo sarà stato de-certificato da Grillo, epurato e/o esposto alla pubblica gogna.

Il secondo è che i 5S stanno cercando in tutti i modi di accelerare i tempi sulla conquista del Parlamento Nazionale, loro unico e vero obiettivo (“ci vediamo in Parlamento”). Se notate, tutti i riflettori ora si sono puntati su un’unica candidata 5S, una selezionata e sostenuta per benino dal M5S nazionale: Virginia Raggi, candidata a Sindaco di Roma. Una poltrona scomoda, che visti i precedenti difficilmente la Raggi riuscirà a tenere fino a fine mandato. Ma una poltrona su cui c’è chiaramente scritto “prossima fermata Palazzo Chigi”.

Se a questo punto logica e piani dei 5S (di quelli che davvero decidono, nei 5S, non di quelli i cui volti fotogenici appaiono su Facebook e nei talk show) non vi sono chiari, vi consiglio di rileggervi ancora una volta questa storia appassionante.

La trama, a prima vista, sembra quella di un film della Marvel. Ma in realtà non è così.

In realtà è peggio.

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