martedì 21 gennaio 2014

Perché Grillo è stato condannato



Ieri ho condiviso su Facebook la foto commentata che potete vedere qui sotto. Praticamente tutti i miei contatti grillofili hanno avuto da ridire. Come previsto. 

La foto aveva l’obiettivo di divenire virale ed essere condivisa, per dare un messaggio rapido ed immediato. Qui vorrei chiarire la mia posizione sui precedenti penali di Grillo con una modalità comunicativa diversa da quella della “foto ad effetto” che ho usato su Facebook.
 

Partiamo dal principio. Ossia chi è Beppe Grillo. Non tutti ricordano la sua prima uscita pubblica, nel 1977 nel siparietto domenicale che faceva da anteprima allo spettacolo legato alla Lotteria di Capodanno. Lo portò in TV Pippo Baudo, in un gruppo di nuove leve selezionate da lui che dovevano essere i mattatori comici della TV del futuro. E lo divennero. Io lo ricordo quel primo ruolo in televisione, si capiva immediatamente di quale immenso talento fosse dotato Grillo. Insieme a lui debuttò anche Tullio Solenghi, altro grandissimo comico. Ma Solenghi ha bisogno di una spalla, che sia Lopez o Marchesini poco importa. Grillo no, è un monologhista, una furia della natura capace di reggere da solo la scena per due ore tenendosi gli occhi degli spettatori incollati addosso.

Negli anni che seguono Grillo sfreccia come un razzo nel firmamento della TV di stato. Lotteria di Capodanno, San Remo, spettacoli dedicati con o senza Baudo, Grillo diventa il beniamino di tutti quelli che amano pensare con la loro testa, perché va a caccia di tutte le contraddizioni del costume italiano e le prende a sberleffi – senza pietà – nei suoi monologhi. Fa ridere, ma anche pensare. Un po’ come Crozza oggi. Ma Grillo è una spanna al disopra di Crozza.

Grillo è così bravo che diventa un pericolo per l'establishment. In un momento in cui tutti prendono in giro il Partito Socialista di Craxi perché si dedica a ogni sorta di ruberie, Grillo è l’unico che viene guardato con sospetto per i suoi attacchi al PSI. Non fa il giullare asservito come gli altri comici, fa pensare il pubblico. Costituisce una minaccia, e viene messo all’indice della TV. Negli anni della TV trash del Drive In, con rotondità femminili in mostra ovunque, Grillo non può andare in video perché è bollato come “volgare”. Ma il vero motivo è che è un pericolo per il sistema.

E quanto pericoloso sia davvero lo si scoprirà solo quindici anni dopo.

Ed è in quegli anni in cui è sulla cresta dell’onda e sta per essere ostracizzato che capita l’avvenimento che terrà Grillo fuori dalla politica parlamentare. Una sera del dicembre 1981, Grillo torna da una gita in montagna con in macchina quattro amici. Due sono una coppia genovese con uno dei loro bambini di nove anni. La strada è uno sterrato militare ai limiti dell’impraticabilità, ma Grillo ha un costoso fuoristrada e sfida la difficoltà. A un certo punto perde il controllo, scivola sul ghiaccio e l’auto cade in un precipizio profondo ottanta metri. La coppia con bambino muore, il quarto passeggero si salva per miracolo. La seconda figlia della coppia, che è rimasta a casa, è anche lei salva per un vero miracolo. Non sarebbe mai riuscita a sopravvivere all’impatto.

Grillo salta fuori dall’abitacolo appena in tempo. Vede morire i suoi amici, ma è troppo tardi per fare alcunché oltre chiamare i soccorsi. C’era solo una cosa che poteva fare per salvare loro la vita. Non sopravvalutare le sue capacità di pilota, e non percorrere quel tratto di strada col SUV pieno di gente. Ma non l’ha fatto, ed ora non c’è più nulla da fare. Perché, ricordiamocelo, ogni volta che ci mettiamo al volante stiamo implicitamente accettando una responsabilità non trascurabile nei riguardi di chi trasportiamo e delle persone che viaggiano sulla stessa strada. Quel pezzetto di plastica con su scritto “Patente di Guida” ne è testimone, ecco perché è tanto importante.

Ricordo distintamente il momento in cui sentii l’annuncio della sciagura alla radio, e ci rimasi malissimo. Perché Grillo era saltato fuori, riuscendo a salvarsi ma lasciando i suoi amici a morire. Per me allora Grillo era un eroe. E gli eroi non saltano fuori all’ultimo momento per salvarsi la pellaccia. Gli eroi salvano anche gli altri. Soprattutto i bambini innocenti.

Mi augurai che l’inchiesta della magistratura rivelasse che Grillo non era responsabile. Non fu così. In un processo durato, nei tre gradi di giudizio, dal 1983 al 1988 Grillo fu ritenuto “colpevolmente imprudente” dal Tribunale di Cuneo, e condannato a quattordici mesi di reclusione. Con la condizionale, perché il Tribunale riconobbe che non l’aveva fatto apposta, e quindi non era da considerare un “incallito criminale”.

Bene, stabilito che non lo ha fatto apposta e quindi non può certo essere paragonato a Pacciani, mi sapete dire a quale altro recente evento assomiglia la triste storia della sciagura di Grillo? Avete sentito mai, di recente, di qualcuno che fa troppo “lo sborone” mentre è al comando e poi salta giù dal mezzo mentre c’è gente che muore per via della sua imprudenza?



Si. Lui. E’ sotto processo per lo stesso reato di Grillo. Anche se non se la caverà così a buon mercato perché le responsabilità sono superiori. E i morti più numerosi.

Qui mi parte la prima domanda. Dato per scontato che non c’è stata l’intenzione di nuocere ma solo imprudenza, ma a voi lettori pare opportuno che uno condannato per avere causato con la sua imprudenza la morte di una famiglia sia un leader politico di rilievo e potenzialmente in futuro Presidente del Consiglio? No, perché i principi del M5S dicono che se si ha una condanna non si può essere eletti deputati, di vincoli per ministri e presidenti stranamente non parlano. Questo signore che ha fatto un terribile errore di valutazione riguardo alla guida sul ghiaccio è la persona giusta per indicarci come proseguire sul terreno scivoloso dell’integrazione europea?

Su questi argomenti al Comandante Schettino – suppongo – non daremmo ascolto. Ma allora, di grazia, perché diamo o dovremmo dare ascolto a Beppe Grillo che nella sua storia ha un episodio analogo, nel suo piccolo, a quello della Concordia?

Detto questo, rimane da menzionare il dettaglio più terribile.

I coniugi Giberti avevano una seconda figlia, Cristina, che si salvò e fu adottata dalla zia. Secondo un'intervista rilasciata a Vanity Fair nel febbraio 2013 (ovviamentec subito ripresa da tutti i giornali ostili a Grillo, è doveroso segnalarlo), la donna ha più volte cercato di contattare Grillo per conoscere la sua versione dei tragici fatti del 1981. Non ha chiesto scuse o risarcimenti, solo la verità. Grillo non ha mai risposto, né il suo ufficio stampa ha mai smentito il contenuto dell’intervista, quindi Grillo ha implicitamente ammesso di non aver mai dato alcuna spiegazione all’unica sopravvissuta della famiglia Giberti. Grillo non ha, in trenta anni, mai voluto rispondere alla richiesta di verità della ragazza. Non ha mai voluto manco scrivere un semplice e risolutivo “Mi spiace, ma non credere ai magistrati, non fu colpa mia”. Nulla. Il silenzio che Beppe Grillo ha voluto mantenere è legittimo. Ma è altrettanto legittimo porsi qualche interrogativo.
 
Vi è però un momento in cui Grillo non ritiene opportuno tacere.

Nel maggio 2013, tre mesi dopo la vana richiesta di Caterina Giberti, Grillo pubblica sul suo blog un post in cui invita chi non è d’accordo con la linea stabilita nel M5S ad andarsene. E lo fa con un’espressione colorita.

Ma come si fa a scherzare sul “precipitare nel vuoto” quando si è vista una famiglia cadere in un burrone per un proprio errore? Con che coraggio ci scherza sopra dopo aver negato a quella povera ragazza persino una semplice spiegazione? E soprattutto, che cosa avrà mai provato quella poverina a vedere l’uomo che ha visto la sua famiglia precipitare verso la morte che fa battute sul “c’è più controllo se ti butti da solo”?

Trenta anni fa quest’uomo per me era un eroe. Dopo questo, non riesco a considerarlo migliore di uno Schettino. Schettino, almeno, non fa battute sugli annegati.



Per finire, qui occorre fare una doverosa precisazione di tipo personale. Io non sono d’accordo con l’ostracizzazione di chi ha subito condanne. Se uno ha precedenti penali, deve avere la possibilità di gettarseli alle spalle. A condizione di prendersi le responsabilità che gli spettano.

Io personalmente ho contribuito al reinserimento nella società di un pluriomicida in libertà condizionata dopo sedici anni di carcere. Uno con alle spalle quindici delitti di quelli efferati (cospargeva i tossicodipendenti di benzina e dava loro fuoco). E non mi risulta abbia ucciso più nessuno dopo.

Nel 2003 mio padre ha patteggiato una condanna a trenta mesi per il medesimo reato colposo di Grillo. I particolari della vicenda (Via Pagano) li trovate sulla cronaca di Palermo dei maggiori quotidiani che hanno un’edizione siciliana. Mio padre però non fa politica, né blog con battute che ricordano da vicino la tragedia.

Cortesemente, quindi, non state a spiegarmi che cosa sono i delitti colposi e quelli intenzionali, e quanta responsabilità ha chi è condannato per essi. Lo so perfettamente. Io ho dovuto stare nella stessa aula di tribunale con una povera donna che mi guardava e si capiva che pensava “E’ colpa della tua famiglia se sono morti mio padre, mia madre e mio marito”. Chi legge questo scritto (spero per lui) invece no.

Rimango quindi contrario alla discriminazione dei condannati, sia quelli a me vicini che quelli che politicamente combatto. Per me Berlusconi è un cattivo interlocutore per Renzi perché è inaffidabile, non perché è condannato. Non ha la peste perché è stato riconosciuto colpevole di frode fiscale. Se applicano la condizionale e lo tengono fuori dalla galera (Berlusconi come Grillo) la cosa non può che farmi piacere. Purché la finiscano di delinquere. E di fare battute.

Quello che non accetto e non accetterò mai, invece, è il principio della “scorreggia del capo che non puzza”. Il “se lo ha fatto il mio idolo allora non è davvero un reato”. Questo no, mai. Soprattutto se ci si aggiunge il particolare raccapricciante della battuta sul precipitare nel vuoto.

Quindi se Grillo vuol fare altre battute poco opportune, tipo quella sul Pregiudicatellum, si metta prima al collo un cartello con scritto “Sono pregiudicato anche io”, come è doveroso fare. Altrimenti glielo metto io.

Nessun commento:

Posta un commento